MARCO PONTE
mostra personaleIn data: 9 maggio 2009
Categoria: mostra
“Legge, moralità, estetica,
sono state create perché l’uomo rispettasse le cose fragili.
Le cose fragili dovrebbero essere rotte.”
LOUIS ARAGON
Per comprendere l’opera di Ponte è necessario rispettare una prima, essenziale analisi formale del suo lavoro; all’interno delle immagini che ci propone coesistono tre elementi che sono, sostanzialmente, le colonne portanti della sua ricerca pittorica: una grafica pulita e quasi architettonica, una tematica introspettiva e freudiana e colti omaggi al panorama artistico del 900.
La cosa che sorprende davanti a tutto questo è come un bisogno così forte di raccontarsi, di auto analizzarsi e di mettere in scena temi di grande impatto emotivo si concretizzi in un gesto che non tradisce quasi nessuna emozione, in un segno impeccabile, assolutamente controllato. E forse, questo è proprio l’ingrediente che al contempo ci destabilizza e ci aiuta a capire in maniera probabilmente inconscia il denominatore comune del suo lavoro: nulla può o deve essere spiegato a priori, il preconcetto, o meglio, come disse Sir Joshua Reynolds, “…la teoria che si sforza di indirizzare o controllare le Arti è necessariamente fallace o illusoria…per quanto possa sembrare strano dirlo, l’immaginazione è il luogo dove abita la verità.”, proprio perché è sempre e solo dall’immaginazione e da ciò che alberga nel mondo interiore di un individuo che ha origine ogni azione che questo compie.
L’utilizzo di temi appartenenti a contesti religiosi o comunque insiti di una forte valenza drammatica, è affrontato in maniera sobria ma assolutamente anticonvenzionale: i soggetti trattati sembrano essere quasi antagonisti al loro significato tradizionale, perché si discostano volutamente e nettamente dal loro messaggio originale.
In questo modo, citando un passo del saggio scritto dallo storico dell’arte Anthony Julius, in casi come quello di Ponte ci imbattiamo in “…un’ arte disincantata che agisce per sottrazione..”, i corpi dei soggetti rappresentati, da San Sebastiano trafitto dalle frecce al Cristo deposto dopo la morte sulla croce, sono corpi martoriati che non lasciano trapelare il minimo accenno di sofferenza, in una sorta di “ iconografia cristiana sprovvista di fede”.
Così l’arte può ritrarre convenzioni per poi infrangerle, con un colpo di pennello.
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